Il provvedimento prefettizio di revoca della patente di guida adottato nei confronti di una persona sottoposta a misura di prevenzione, ai sensi dell'art. 120, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della strada), non costituisce esercizio di discrezionalità amministrativa, ma è un atto dovuto, espressione di un accertamento avente natura vincolata e con vincolo posto nell'esclusivo interesse del privato, la cui posizione giuridica va qualificata in termini di diritto soggettivo perfetto. Di conseguenza, la relativa controversia è devoluta alla cognizione del giudice ordinario, in applicazione dei comuni canoni sul riparto di giurisdizione, in assenza di deroghe espresse. La pronuncia della Corte costituzionale n. 22 del 2018, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 120, comma 2, del Codice della strada nella parte in cui dispone che il prefetto "provvede" alla revoca della patente in caso di condanna per reati di cui agli artt. 73 e 74 del d.P.R. n. 309/1990, non può estendere i propri effetti al diverso caso della revoca disposta nei confronti del sottoposto a misura di prevenzione, in quanto il giudice amministrativo adito difetta ictu oculi di giurisdizione sulla relativa controversia.