Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Le modifiche legislative in senso restrittivo del trattamento penitenziario, ivi comprese le disposizioni in materia di concessione delle misure alternative alla detenzione, sono applicabili anche ai condannati per reati commessi anteriormente all'entrata in vigore delle nuove norme, in quanto tali disposizioni hanno natura processuale e non sostanziale, essendo soggette al principio del "tempus regit actum". Pertanto, il condannato che non abbia ancora iniziato il percorso trattamentale e non si trovi nelle condizioni per accedere ai benefici penitenziari al momento dell'entrata in vigore della nuova disciplina più rigorosa, non può invocare l'applicazione retroattiva della normativa previgente più favorevole. Inoltre, il corretto comportamento tenuto dal detenuto durante l'esecuzione della pena non può essere equiparato alla collaborazione impossibile con la giustizia ai fini dell'accesso alle misure alternative, essendo necessario che il condannato abbia effettivamente intrapreso un percorso di collaborazione, anche se poi risultato impossibile, senza che il giudice sia tenuto a verificare d'ufficio tale presupposto in assenza di specifica allegazione da parte dell'interessato.