Cassazione penale Sez. II sentenza n. 706 del 10 gennaio 2014

ECLI:IT:CASS:2014:706PEN

Massima

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Il giudice di legittimità, nell'esercizio del sindacato di legittimità sulla motivazione della sentenza impugnata, è tenuto a verificare l'adeguatezza delle considerazioni poste a fondamento del convincimento del giudice di merito, senza poter effettuare una propria autonoma valutazione degli elementi probatori. Il vizio di motivazione denunciabile in cassazione deve avere carattere di macroscopica evidenza, risultando percepibile ictu oculi, mentre le minime incongruenze e le deduzioni difensive logicamente incompatibili con la decisione adottata, ma spiegate in modo logico ed adeguato, non sono rilevanti. Il ricorso per cassazione che deduca il vizio di motivazione deve essere autosufficiente, contenendo la trascrizione o l'allegazione degli atti processuali specificamente indicati a sostegno della doglianza, al fine di rendere possibile la verifica della decisività del materiale probatorio richiamato e della sua radicale incompatibilità con l'iter motivazionale seguito dal giudice di merito. In presenza di una doppia conforme affermazione di responsabilità, è ammissibile la motivazione della sentenza d'appello per relationem a quella della decisione impugnata, sempre che le censure formulate contro la sentenza di primo grado non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi. Il principio del "ragionevole dubbio" sulla colpevolezza dell'imputato, introdotto dalla novella dell'art. 533 c.p.p., non ha comportato l'adozione di un diverso e più rigoroso criterio di valutazione della prova rispetto a quello precedentemente vigente, ma ha ribadito il principio secondo cui la condanna è possibile soltanto quando vi sia la certezza processuale assoluta della responsabilità dell'imputato. È inammissibile il ricorso che prospetti in forma perplessa o alternativa i vizi di motivazione del provvedimento impugnato, essendo onere del ricorrente specificare con precisione se le censure siano riferite alla mancanza, alla contraddittorietà od alla manifesta illogicità ovvero a più di uno tra tali vizi, che vanno indicati specificamente in relazione alle parti della motivazione oggetto di gravame. Infine, è inammissibile il ricorso che riproponga pedissequamente le censure dedotte come motivi di appello, senza prendere in considerazione, per confutarle, le argomentazioni in virtù delle quali i motivi di appello non siano stati accolti.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Ciro - Presidente

Dott. DE CRESCIENZO Ugo - Consigliere

Dott. VERGA Giovanna - Consigliere

Dott. BELTRANI Sergi - rel. Consigliere

Dott. DI MARZIO Fabrizio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 186/2010 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del 01/06/2012;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/10/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. VIOLA ((omissis)) che ha concluso per il rigetto del ricorso;

rilevata la regolarita' degli avvisi di rito.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d'appel…

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