Cassazione penale Sez. III sentenza n. 1803 del 10 settembre 1993

ECLI:IT:CASS:1993:1803PEN

Massima

Massima ufficiale
Non puo` ritenersi corretto, neppure ai fini dell`emissione di provvedimenti cautelari o della loro conferma, il ragionamento del giudice, il quale, affermata la generica credibilita` del collaborante, faccia dalla stessa discendere il sicuro valore probatorio di tutte le sue affermazioni, considerando l`indagato raggiunto da gravi indizi a prescindere dall`esistenza di validi riscontri alle accuse. La chiamata in correita` o in reita` richiede di per se` sempre un cauto e prudente apprezzamento da parte dell`ufficio chiamato a valutarla, che e` tenuto, quindi, a verificare, anzitutto, che essa sia intrinsecamente attendibile con riferimento alla genuinita`, alla spontaneita`, al disinteresse, alla costanza e alla coerenza logica; e, in secondo luogo, che trovi sostegno in altri elementi, i quali, pur potendo essere, almeno nel procedimento cautelare, di qualsivoglia natura e specie, devono, tuttavia, ancorche` considerati nel loro complesso, non solo risultare ovviamente compatibili con le dichiarazioni medesime e di esse rafforzativi, ma essere necessariamente anche tali da consentire un collegamento diretto e univoco, sul piano logico, se non su quello storico, con i fatti per cui si procede contro una determinata persona. Ne consegue l`obbligo del giudice di merito di motivare la sua decisione in relazione a tutti i punti sopra evidenziati e di farlo in guisa da consentire la verifica della conformita` della stessa alle regole dell diritto e della logica. (Conf. Sent.  n. 1860, 9 settembre 1993 c.c., Mancino) (Conf. Sent. n. 1861, 9 settembre 1993 c.c., Lettieri) (Conf. Sent. n. 1862, 9 settembre 1993 c.c., Sirianni)   conforme: Sen 24/07/1992 8381 sez 1 Pen

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