Il provvedimento di diniego dell'autorizzazione paesaggistica, fondato sul parere negativo vincolante della Soprintendenza, è legittimo in quanto la valutazione di compatibilità paesaggistica dell'intervento, anche se effettuata "ora per allora", è stata adeguatamente motivata in relazione alla compromissione degli elementi specifici del paesaggio tutelato, così come individuati nel Piano Urbanistico Territoriale. La Soprintendenza, nell'esercizio del proprio potere di cogestione del vincolo paesaggistico, gode di ampia discrezionalità tecnico-valutativa, sindacabile in sede giurisdizionale solo per illogicità, incoerenza o incompletezza della motivazione, senza che il giudice possa sostituire la propria valutazione a quella dell'amministrazione. Il decorso del termine per l'espressione del parere soprintendentizio non comporta l'applicazione dell'istituto del silenzio-assenso tra amministrazioni pubbliche di cui all'art. 17-bis della legge n. 241/1990, trattandosi di procedimento ad istanza di parte e non di procedimento pluristrutturato. Pertanto, il parere negativo della Soprintendenza, ancorché tardivo, è efficace e legittima il provvedimento comunale di diniego dell'autorizzazione paesaggistica.