Cassazione penale Sez. V sentenza n. 23041 del 14 giugno 2002

ECLI:IT:CASS:2002:23041PEN

Massima

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Il giudice di prevenzione, nel valutare la pericolosità sociale di un soggetto e nell'applicare le relative misure personali e patrimoniali, deve basarsi su elementi concreti e oggettivi, senza poter prescindere dagli accertamenti compiuti in sede penale, anche quando questi si siano conclusi con sentenze di assoluzione. Infatti, il procedimento di prevenzione, pur essendo autonomo e distinto da quello penale, non può ignorare le risultanze di quest'ultimo, soprattutto quando esse abbiano escluso la responsabilità del proposto per i medesimi fatti posti a fondamento della misura di prevenzione. Pertanto, il giudice della prevenzione, nel valutare la pericolosità sociale del soggetto e la legittima provenienza dei suoi beni, deve effettuare un esame critico e complessivo di tutte le emergenze processuali, senza poter fondare il proprio convincimento su elementi già ritenuti inidonei in sede penale, a meno che non sopravvengano nuovi e diversi fattori sintomatici della pericolosità. Analogamente, per disporre il sequestro e la confisca dei beni di terzi, il giudice deve accertare in modo rigoroso e puntuale la loro effettiva disponibilità da parte del soggetto indiziato, non potendo basarsi su meri sospetti o presunzioni, ma richiedendosi la prova della fittizia intestazione, idonea a superare l'apparenza della titolarità formale. In difetto di tali presupposti, il provvedimento ablativo non può trovare applicazione.

Sentenza completa

IN FATTO
Con decreto in data 17.2.1997, il tribunale di Napoli sottoponeva F. D. (classe 1957, fu F.) e F. D. (classe 1963, fu R.) alla misura della sorveglianza speciale di P.S. per la durata di anni cinque, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, con il versamento di una cauzione di cinquanta milioni di lire: Contestualmente veniva disposta la confisca in danno dei due proposti e nei confronti dei terzi intestatari.
I proposti risultavano noti alle forze dell'ordine, siccome inseriti ad alto livello nella criminalità organizzata delle zone di Villaricca, Giugliano e comuni viciniori ed in stretto contatto con la cosca camorristica casertana del "clan dei casalesi" ed il tribunale riteneva che fossero persone socialmente pericolose ai sensi dell'art. 1, legge n. 575 del 1965, siccome raggiunti da gravi indizi di appartenenza ad una associazione di tipo camorristico, già facente capo al defunto R. F., rispettivamente zio e padre dei due proposti.…

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