Cassazione penale Sez. V sentenza n. 44295 del 5 dicembre 2005
ECLI:IT:CASS:2005:44295PEN
Massima
Massima ufficiale
Ai fini della configurabilità della circostanza aggravante della «finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso» quale prevista dall'art. 3, comma primo, del D.L. 26 aprile 1993 n. 122, conv. con modif. in L. 25 giugno 1993 n. 205, non può considerarsi sufficiente una semplice motivazione interiore dell'azione, ma occorre che questa, per le sue intrinseche caratteristiche e per il contesto nel quale si colloca, si presenti come intenzionalmente diretta e almeno potenzialmente idonea a rendere percepibile all'esterno ed a suscitare in altri il suddetto sentimento di odio o comunque a dar luogo, in futuro o nell'immediato, al concreto pericolo di comportamenti discriminatori, dovendosi inoltre escludere che possa automaticamente ricondursi alla nozione di «odio» ogni e qualsiasi sentimento o manifestazione di generica antipatia, insofferenza o rifiuto, pur se riconducibile a motivazioni attinenti alla razza, alla nazionalità, all'etnia o alla religione, e dovendosi altresì considerare, quanto alla «discriminazione» che la relativa nozione non può essere intesa come riferibile a qualsivoglia condotta che sia o possa apparire contrastante con un ideale di assoluta e perfetta integrazione, non solo nei diritti ma anche nella pratica dei rapporti quotidiani, tra soggetti di diversa razza, etnia, nazionalità o religione, ma deve essere tratta esclusivamente dalla definizione contenuta nell'art. 1 della Convenzione di New York del 7 marzo 1966, resa esecutiva in Italia con la L. n. 654/1975, secondo cui (nel testo italiano), essa «sta ad indicare ogni distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l'ascendenza o l'origine etnica, che abbia lo scopo o l'effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l'esercizio, in condizioni di parità, dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale o in ogni altro settore della vita pubblica». (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha annullato con rinvio, per difetto di motivazione, la sentenza di merito con la quale era stato ritenuta la sussistenza dell'aggravante in questione relativamente al reato di ingiurie addebitato all'imputato per avere questi, in occasione di una rissa — per la quale l'aggravante non risultava contestata — rivolto ad alcune straniere di origine colombiana l'espressione «sporche negre, cosa fanno queste negre qua»).
Sentenza completa
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE QUINTA SEZIONE PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.: CALABRESE RENATO LUIGI - PRESIDENTE PIZZUTI GIUSEPPE - CONSIGLIERE NAPPI ANIELLO - CONSIGLIERE SANDRELLI GIANGIACOMO - CONSIGLIERE DUBOLINO PIETRO - CONSIGLIERE ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: 1) Da. Pa. n. IL (...) avverso SENTENZA del 13/01/2005 CORTE APPELLO di TRIESTE visti gli atti, la sentenza ed il procedimento udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere DUBOLINO PIETRO Sentito il P.G. dott. A. Gialanella, il quale ha chiesto l'annullamento senza rinvio limitatamente al reato di ingiurie, con eliminazione della relativa pena di gg. 15 di reclusione. Sentito, per il ricorrente, l'avv. Bu., il quale ha insistito per l'accoglimento del ricorso. RILEVATO IN FATTO - che con l'impugnata sentenza, in conferma di quella di primo…
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