Il giudice, nell'applicare le pene accessorie previste dalla legge fallimentare per i reati di bancarotta fraudolenta, deve determinarne la durata in concreto sulla base dei criteri di cui all'art. 133 c.p., senza vincoli di automatismo, entro il limite massimo di 10 anni stabilito dalla legge. Tale valutazione deve essere effettuata in modo autonomo rispetto alla commisurazione della pena detentiva principale, tenendo conto della diversa finalità e afflittività delle pene accessorie, orientate in particolare alla prevenzione speciale negativa attraverso l'interdizione del condannato dalle attività imprenditoriali che gli hanno fornito l'occasione per commettere i gravi reati. Il giudice, pertanto, può irrogare pene accessorie di durata anche superiore a quella della pena detentiva, purché entro il limite massimo di 10 anni, ove ciò risulti adeguato in relazione alle peculiarità del caso concreto e ai criteri di cui all'art. 133 c.p. Sono da escludere automatismi o rigidi collegamenti tra la durata delle pene accessorie e quella della pena principale, in quanto ciò contrasterebbe con i principi costituzionali di proporzionalità e individualizzazione della pena.