Cassazione penale Sez. V sentenza n. 2835 del 21 gennaio 2003

ECLI:IT:CASS:2003:2835PEN

Massima

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Il reato associativo di stampo mafioso non si interrompe automaticamente per il solo fatto della detenzione dell'imputato, essendo necessario l'accertamento in concreto degli effetti che lo stato detentivo ha avuto sul rapporto associativo, senza che la mera durata della custodia cautelare possa di per sé determinare la recisione del vincolo, dovendo tale valutazione essere effettuata in relazione a specifiche circostanze di fatto, come l'accertata sospensione del sostegno dell'associazione alla famiglia del recluso o altri elementi che rivelino l'efficacia interruttiva della permanenza.

Sentenza completa

MOTIVI DELLA DECISIONE Con l'ordinanza impugnata il Tribunale di Napoli ha confermato, quale giudice dell'appello de libertate, il rigetto della richiesta presentata da G. C. per la dichiarazione di inefficacia della misura cautelare applicatagli con ordinanza del 13 gennaio 2000 quale persona sottoposta a indagini per il delitto di partecipazione ad associazione di tipo mafioso. Hanno ritenuto giudici del merito che, pur essendo stata già contestata a G. C. la partecipazione alla medesima associazione con una precedente ordinanza del 18 novembre 1992, i periodi di custodia sofferti in base ai due distinti titoli non potevano essere cumulati ai fini del calcolo dei termini massimi di durata della seconda misura, perché, quando questa misura fu disposta, la lunga custodia cautelare sofferta, dal 20 novembre 1992 al 12 gennaio 1995 e dal 21 maggio 1998 al 31 maggio 1999, in applicazione del primo provvedimento aveva determinato l'interruzione della permanenza d…

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