Il diritto di critica nei confronti di un pubblico ufficiale, pur essendo riconosciuto, trova un limite nel rispetto della reputazione e della dignità della persona offesa, non potendo essere esercitato attraverso l'utilizzo di espressioni gravemente offensive e lesive della sfera personale, anche quando riferite a condotte professionali. Pertanto, l'imputazione per il reato di diffamazione è configurabile qualora le affermazioni, pur presentandosi come manifestazioni di pensiero, travalicano i limiti della continenza e della pertinenza, assumendo i connotati di una grave lesione della reputazione altrui, in ragione dell'impiego di termini intrinsecamente offensivi e indicativi di una volontà di persecuzione e di incapacità del pubblico ufficiale, piuttosto che di una critica obiettiva e costruttiva del suo operato. In tali ipotesi, l'esimente dell'esercizio del diritto di difesa, di cui all'art. 598 c.p., non trova applicazione, in quanto tale disposizione scrimina soltanto le offese poste in correlazione con l'esercizio del diritto di difesa, e non anche le espressioni calunniatrici e diffamatorie.