Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 10885 del 6 marzo 2017

ECLI:IT:CASS:2017:10885PEN

Massima

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Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nell'esercizio delle proprie funzioni, sia oggetto di minacce o violenza da parte di un soggetto, al fine di impedirne o turbargliene il regolare svolgimento, integra il reato di resistenza o violenza a pubblico ufficiale, a prescindere dal fatto che l'atto di ufficio sia stato formalmente portato a compimento. Ciò in quanto la condotta minacciosa o violenta, finalizzata a costringere il pubblico ufficiale ad omettere un atto del proprio ufficio o a compierne uno contrario, è sufficiente a integrare gli elementi costitutivi del reato, anche qualora l'atto di ufficio non sia stato ancora perfezionato. Il diritto di difesa dell'imputato è pienamente garantito, anche in caso di riqualificazione del fatto, purché il nuovo addebito non risulti radicalmente trasformato rispetto all'originaria imputazione e consenta all'imputato di esercitare il proprio diritto di difesa nel contraddittorio delle parti.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IPPOLITO Francesco - Presidente

Dott. TRONCI Andrea - Consigliere

Dott. CRISCUOLO Anna - Consigliere

Dott. GIORDANO Emilia An - rel. Consigliere

Dott. BASSI Alessandra - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), n. a (OMISSIS) il (OMISSIS);
avverso la sentenza dell'8/6/2016 della Corte di appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIORDANO Emilia Anna;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa CARDIA Delia che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l'imputato il difensore, avv. (OMISSIS) in sostituzione del difensore di fiducia, avv. (OMIS…

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