Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: L'errore di fatto, ai fini della revocazione di una sentenza della Corte di Cassazione ai sensi dell'art. 395 n. 4 c.p.c., deve consistere nell'affermazione o supposizione dell'esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità risulti invece, in modo indiscutibile, esclusa o accertata in base al tenore degli atti o dei documenti di causa. Tale errore deve inoltre essere decisivo, nel senso che deve esistere un necessario nesso di causalità tra l'erronea supposizione e la decisione resa, non deve cadere su un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata, e deve presentare i caratteri dell'evidenza e dell'obiettività, senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche. L'errore revocatorio non può consistere in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero in una critica del ragionamento del giudice sul piano logico-giuridico, in quanto tali vizi si risolvono in un errore di diritto, non censurabile nel giudizio di revocazione. Pertanto, la declaratoria di inammissibilità di un ricorso per cassazione, fondata sulla ritenuta insufficiente esposizione dei fatti di causa, non è censurabile in sede di revocazione, in quanto tale valutazione giuridica, ancorché erronea, non integra un errore di fatto ai sensi dell'art. 395 n. 4 c.p.c.