Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, ha stabilito che il termine decadenziale per l'impugnazione di un permesso di costruire decorre dall'inizio dei lavori edilizi, qualora le censure sollevate dal ricorrente implichino l'inedificabilità assoluta dell'area, in quanto in tale ipotesi la "piena conoscenza" del provvedimento si realizza già con l'avvio dei lavori, rendendo palese l'esatta dimensione, consistenza e finalità dell'erigendo manufatto. Pertanto, il ricorso proposto oltre il termine di sessanta giorni dall'inizio dei lavori, come risultante dalla documentazione in atti, deve essere dichiarato irricevibile per tardività. Inoltre, i motivi aggiunti proposti avverso il successivo provvedimento di convalida del permesso di costruire sono improcedibili, in quanto tale atto, espressivo di un potere di autotutela conservativa, non ha autonoma efficacia abilitativa, essendo destinato a sanare retroattivamente i vizi del titolo previamente rilasciato, sicché la sua eventuale annullamento non potrebbe determinare il travolgimento del permesso di costruire non più impugnabile per tardività. Le spese del doppio grado di giudizio sono integralmente compensate tra le parti.