Il pubblico ufficiale che, abusando della propria posizione e dei poteri connessi all'ufficio ricoperto, interviene indebitamente sui funzionari da lui coordinati al fine di condizionare in senso favorevole l'esito di domande di contributi pubblici, commette il reato di corruzione propria. Affinché le intercettazioni ambientali disposte per indagare su un diverso fatto corruttivo possano essere utilizzate anche per provare il reato di corruzione in capo al pubblico ufficiale coordinatore, è necessario che sussista un legame sostanziale e non meramente investigativo tra i due reati, tale da determinare una parziale coincidenza della "regiudicanda", ovvero dell'oggetto del giudizio. In assenza di tale connessione sostanziale, le intercettazioni non possono essere utilizzate per provare il reato di corruzione diverso da quello per cui erano state originariamente disposte, in quanto ciò comporterebbe un'autorizzazione in bianco, in violazione dell'articolo 15 della Costituzione. Inoltre, affinché le conversazioni intercettate possano essere considerate "corpo del reato", è necessario che esse integrino ed esauriscano di per sé la fattispecie criminosa, senza che sia necessario il compimento di ulteriori condotte per la sua realizzazione.