Il Consiglio di Stato, in materia di condono edilizio, afferma che: 1. Il rigetto della domanda di sanatoria di un abuso edilizio scaturisce dalla sussistenza di un vincolo anteriore all'abuso, dall'assenza o difformità di un titolo abilitativo prescritto e dal contrasto con le norme urbanistiche e con le prescrizioni degli strumenti urbanistici. 2. Ai fini della sanatibilità delle opere abusive, i limiti percentuale e volumetrico previsti dalla legge (ampliamento non superiore al 20% della volumetria originaria o a 200 mc) devono essere considerati in modo cumulativo, non essendo alternativi tra loro. 3. L'Amministrazione può motivare il provvedimento di diniego di condono anche in modo succinto, chiarendo che il fabbricato non è conforme agli strumenti urbanistici e, per destinazione, non rientra tra le opere suscettibili di sanatoria, senza essere tenuta a indicare prescrizioni per rendere l'intervento compatibile. 4. I provvedimenti di diniego del condono edilizio non devono essere preceduti dalla comunicazione dell'avvio del procedimento ex art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, in quanto i procedimenti finalizzati alla sanatoria degli abusi edilizi sono avviati su istanza di parte e la natura vincolata delle relative determinazioni esclude la possibilità di apporti partecipativi.