Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione internazionale, ai sensi del Decreto Legislativo n. 251 del 2007, richiede che il richiedente asilo dimostri in modo credibile e plausibile la sussistenza dei presupposti previsti dalla normativa, ovvero il fondato timore di persecuzione per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinione politica, oppure l'esistenza di un rischio effettivo di subire un danno grave in caso di rimpatrio, come un conflitto armato interno caratterizzato da violenza indiscriminata di intensità tale da mettere in pericolo la vita o l'incolumità di un civile per il solo fatto della sua presenza sul territorio. Il giudice di merito, nel valutare la credibilità del racconto del richiedente e l'esistenza di tali presupposti, gode di ampio potere discrezionale, il cui esercizio è sindacabile in cassazione solo per vizi logico-giuridici, come l'omesso esame di fatti decisivi, la motivazione apparente o incomprensibile, senza che sia ammissibile una nuova valutazione delle risultanze istruttorie. Analogamente, il riconoscimento della protezione umanitaria, ai sensi dell'articolo 19, comma 1.1 del Testo Unico Immigrazione, richiede la dimostrazione di una condizione di vulnerabilità soggettiva del richiedente e di un saldo radicamento nel contesto sociale italiano, elementi la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito e non sindacabile in cassazione se non per vizi logico-giuridici.