Tribunale Amministrativo Regionale Campania - Napoli sentenza n. 5399 del 2013
ECLI:IT:TARNA:2013:5399SENT
Massima
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Il comportamento tenuto dall'Amministrazione, che abbia emanato una valida dichiarazione di pubblica utilità ed un legittimo decreto di occupazione d'urgenza senza tuttavia emanare il provvedimento definitivo di esproprio nei termini previsti dalla legge, deve essere qualificato come "illecito permanente", nella cui vigenza non decorre la prescrizione, in quanto manca un effetto traslativo della proprietà, stante la mancanza del provvedimento di esproprio, connesso alla mera irrevocabile modifica dei luoghi. Pertanto, salva restando la possibilità di optare per le differenti forme "risarcitorie" che l'ordinamento appresta (restituzione del bene ovvero risarcimento del danno per equivalente), il soggetto privato del possesso può agire nei confronti dell'ente pubblico senza dover sottostare al termine prescrizionale quinquennale decorrente dalla trasformazione irreversibile del bene, con l'unico limite temporale rinvenibile nell'acquisto della proprietà, per usucapione ventennale del bene, eventualmente maturata dall'ente pubblico. Tali principi sono stati peraltro codificati in termini di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 133, comma 1, lett. f) del Codice del processo amministrativo nell'ipotesi di comportamento dell'Amministrazione riconducibile all'esercizio del pubblico potere che si sia manifestato per il tramite della dichiarazione di pubblica utilità della quale non risulta dimostrata la perdita d'efficacia, nonché nelle controversie aventi ad oggetto atti, provvedimenti e comportamenti della P.A. in materia di espropriazioni per pubblica utilità di cui alla successiva lett.g) del citato art. 133, ferma la giurisdizione del giudice ordinario per le ipotesi di determinazione e corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa. Quando si accerta l'illegittimità dell'operato dell'Amministrazione e la rilevanza nel giudizio dei principi quali desumibili dal menzionato art.42-bis, l'accoglimento del ricorso e la condanna dell'Ente al risarcimento pongono il problema dell'eventuale applicazione dell'art.5-bis del D.L. n.333 del 1992, convertito in Legge n.359 del 1992; al riguardo occorre precisare che, con riguardo al comma 7-bis di tale articolo come introdotto dall'art.3, comma 65, della Legge n.662 del 1996, la Corte Costituzionale ne ha dichiarato l'illegittimità costituzionale in quanto non prevederebbe un ristoro integrale del danno subito per effetto dell'occupazione acquisitiva da parte della Pubblica Amministrazione, corrispondente al valore di mercato del bene occupato, dunque in contrasto con gli obblighi internazionali sanciti dall'art.1 del Protocollo addizionale alla CEDU e con lo stesso art.117, primo comma, Cost. Quanto alla misura dell'indennizzo, nella giurisprudenza della Corte europea è ormai costante l'affermazione secondo cui "una misura che costituisce interferenza nel diritto al rispetto dei beni deve trovare il giusto equilibrio tra le esigenze dell'interesse generale della comunità e le esigenze imperative di salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo", non potendosi garantire in tutti i casi il diritto dell'espropriato al risarcimento integrale in quanto obiettivi legittimi di pubblica utilità possono giustificare un rimborso inferiore al valore commerciale effettivo. Pertanto, il danno subito dal privato va liquidato tenendo conto non della rendita catastale quale mero valore fiscale, bensì del valore di mercato (o venale) del bene ablato, da determinarsi attraverso la valutazione delle caratteristiche intrinseche dell'immobile e delle sue eventuali potenzialità edificatorie, la verifica dei prezzi risultanti da atti di compravendita di immobili finitimi con analoghe caratteristiche ed il valore accertato dal Ministero delle Finanze rivalutato alla data dell'irreversibile trasformazione, mentre sulla somma così determinata andranno calcolate la rivalutazione monetaria e gli interessi al tasso legale. Quanto al danno non patrimoniale, esso è risarcibile nei soli casi "previsti dalla legge" e cioè, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art.2059 c.c., a) quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato, b) quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di un'ipotesi di reato, c) quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale.
Sentenza completa
N. 05026/2010 REG.RIC.
N. 05399/2013 REG.PROV.COLL.
N. 05026/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5026 del 2010 proposto dalla Sig.ra ((omissis)), rappresentata e difesa dall’avv. ((omissis)) e con domicilio eletto presso la Segreteria del TAR di Napoli;
contro
Comune di Lacco Ameno in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. ((omissis)) ed elettivamente domiciliato presso la Segreteria del TAR di Napoli;
per la declaratoria
del diritto al risarcimento dei danni in ragione dell’occupazione dei suoli di proprietà in Lacco Ameno part.2474 fl.2 part.lle 128, 131 e 132.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Vista la memoria di costituzione del…
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