Il giudice, nell'emettere una sentenza, è tenuto a verificare con diligenza l'esattezza dei dati anagrafici delle parti processuali, in modo da garantire la correttezza formale e sostanziale del provvedimento. L'errata indicazione di elementi identificativi essenziali, come la data di nascita, costituisce un mero errore materiale che non inficia la validità della pronuncia, ma richiede una successiva correzione da parte dello stesso giudice che l'ha emessa, al fine di assicurare la piena conformità della sentenza alla realtà fattuale. Il principio di correttezza e di tutela dell'identità personale impone al giudice di intervenire prontamente per rettificare gli eventuali errori meramente formali, senza necessità di una nuova trattazione del merito della controversia, in ossequio ai canoni di economia processuale e di ragionevole durata del processo.