Il comportamento minaccioso e intimidatorio di un soggetto nei confronti di pubblici ufficiali nello svolgimento delle loro funzioni, anche se motivato dalla pretesa di ottenere spiegazioni o contestare l'operato degli stessi, integra il reato di minaccia di cui all'art. 612 c.p. e non può essere giustificato dalla presunta finalità di garantire il regolare svolgimento del servizio pubblico, atteso che l'interruzione di pubblico servizio di cui all'art. 340 c.p. richiede una condotta di intralcio o turbativa dell'attività istituzionale, non meramente verbale o di protesta. La valutazione della credibilità delle testimonianze, anche di soggetti gerarchicamente subordinati all'imputato, rientra nel prudente apprezzamento del giudice di merito, il quale può legittimamente ritenere attendibili le dichiarazioni che offrano un quadro preciso e coerente dell'accaduto, senza che ciò integri un travisamento della prova o una motivazione contraddittoria o illogica.