Il giornalista che pubblica dichiarazioni lesive dell'altrui reputazione, anche se rilasciate da un intervistato, concorre nel reato di diffamazione ai sensi dell'art. 110 c.p., salvo che le affermazioni non risultino assolutamente non corrispondenti a verità. Ciò in quanto il giornalista, rendendo note all'esterno le dichiarazioni offensive, contribuisce alla diffusione della notizia lesiva. Pertanto, il giornalista che solleciti risposte mirate e presumibilmente concordate, contenenti valutazioni gratuitamente e palesemente offensive dell'altrui reputazione, può essere chiamato a rispondere del reato di diffamazione, a prescindere dalla mera veridicità o meno delle affermazioni. Inoltre, il rinnovo di notizie offensive costituisce ulteriore lesione dell'altrui reputazione. Infine, la durata e la risonanza della trasmissione diffamatoria, così come l'invito a replicare rivolto a chi si fosse sentito nominato, sono elementi irrilevanti ai fini della configurabilità del reato, essendo sufficiente la mera pubblicazione di dichiarazioni lesive.