Il pubblico ufficiale che, abusando della propria funzione, intrattiene rapporti illeciti con la criminalità organizzata, agevolando le attività delittuose di quest'ultima, commette gravi reati che giustificano l'applicazione di misure cautelari detentive. Infatti, la partecipazione di appartenenti alle forze dell'ordine ad associazioni di tipo mafioso, attraverso lo scambio di favori e la strumentalizzazione della funzione pubblica, integra un grave quadro indiziario che legittima il provvedimento cautelare, anche in assenza di dichiarazioni dirette del collaboratore di giustizia, ove siano presenti altri elementi probatori, come intercettazioni e dichiarazioni di altri partecipi, che confermino il coinvolgimento del pubblico ufficiale nelle attività illecite del sodalizio criminale. In tali casi, le contestazioni del difensore volte a proporre una diversa lettura delle risultanze processuali non sono idonee a inficiare la solidità del compendio indiziario, atteso che la valutazione del giudice di merito, adeguatamente motivata, non può essere sindacata in sede di legittimità, se non per vizi logici o manifesta illogicità.