Il procedimento di acquisizione di aree per pubblica utilità ex art. 43 del D.P.R. n. 327/2001 deve rispettare i principi costituzionali e il diritto di proprietà privata, garantendo il giusto indennizzo ai proprietari espropriati, determinato sulla base del valore venale del bene, in conformità con gli orientamenti della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. L'amministrazione procedente è tenuta a motivare adeguatamente il provvedimento di acquisizione, dimostrando la sussistenza dei presupposti di legge e l'effettiva destinazione delle aree acquisite per finalità di pubblica utilità. Il proprietario espropriato ha diritto al risarcimento del danno per la perdita della proprietà, da quantificarsi nella misura del valore venale del bene, senza che possano essere applicate riduzioni o detrazioni non previste dalla legge. Il giudice amministrativo è chiamato a verificare la legittimità del procedimento ablatorio e la congruità dell'indennizzo riconosciuto, annullando il provvedimento di acquisizione ove riscontri vizi di legittimità e condannando l'amministrazione al pagamento del giusto ristoro patrimoniale. Il principio di economia processuale impone di dichiarare l'improcedibilità del ricorso ove le parti abbiano raggiunto un accordo transattivo che abbia posto fine alla controversia, senza necessità di pronunciarsi nel merito.