Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Il ricorso gerarchico avverso gli atti di organi collegiali, come le commissioni di concorso o di esame, non è ammissibile in via generale, in quanto tali organi non sono in posizione di subordinazione gerarchica nei confronti di altri organi amministrativi. Il ricorso gerarchico presuppone infatti l'alterità tra l'autorità decidente e l'autorità competente ad esaminare il gravame, alterità che può consistere in un rapporto di dipendenza gerarchica (ricorso gerarchico "proprio") o in un rapporto di dipendenza funzionale (ricorso gerarchico "improprio"). Al di fuori di tali ipotesi, ogni istanza rivolta alla P.A. e tesa a denunciare l'illegittimità di un provvedimento va qualificata come mera istanza di attivazione dei poteri di autotutela decisoria, la cui proposizione non sospende il termine decadenziale per l'impugnazione giurisdizionale. Pertanto, il ricorso gerarchico avverso gli atti valutativi di una commissione di concorso o di esame è inammissibile, salvo che una norma di legge o un regolamento interno dell'ente non ne preveda espressamente la possibilità. In assenza di tali previsioni, l'unica via esperibile è l'impugnazione diretta degli atti della commissione davanti al giudice amministrativo entro il termine di decadenza previsto.