Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Il giudice di legittimità, nel valutare la fondatezza dei motivi di ricorso per cassazione, deve preliminarmente verificare la loro ammissibilità formale, in particolare il rispetto dei requisiti di cui all'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, che impone al ricorrente di riprodurre nel ricorso, in modo puntuale e con precise indicazioni, gli atti e i documenti del giudizio di merito sui quali fonda le proprie censure. Solo ove tale verifica dia esito positivo, il giudice di legittimità può procedere all'esame nel merito delle doglianze proposte. Pertanto, il mancato rispetto di tali requisiti formali comporta l'inammissibilità del ricorso, senza che il giudice di legittimità possa entrare nel merito delle questioni dedotte, neppure laddove esse attengano a vizi di motivazione o a violazioni di norme processuali, come la mancata pronuncia su una domanda proposta (art. 112 c.p.c.). Ciò in quanto i requisiti di forma del ricorso per cassazione rivestono carattere pregiudiziale e prodromico rispetto all'esame della fondatezza nel merito, non potendo il giudice di legittimità sopperire alle carenze formali del ricorso, a pena di travalicare i limiti del proprio ruolo istituzionale.