Il concorso morale nel reato si configura quando il soggetto, pur non partecipando materialmente all'esecuzione del fatto, abbia comunque contribuito in modo consapevole e volontario al rafforzamento della determinazione criminosa altrui, attraverso condotte di istigazione, persuasione o incoraggiamento. Tale contributo concorsuale può ritenersi provato anche sulla base di elementi indiziari, quali la partecipazione a riunioni preliminari finalizzate all'organizzazione dell'attività illecita, la comunicazione di informazioni rilevanti ai correi, la dimostrazione di un interesse personale nell'esecuzione del reato, nonché la mancata credibilità delle giustificazioni addotte per spiegare condotte sospette. In tali ipotesi, il giudice di appello che riformi una sentenza assolutoria di primo grado, affermando la responsabilità del concorrente morale, non è tenuto a procedere all'esame diretto delle fonti dichiarative, essendo sufficiente una motivazione che, sulla base di un complessivo apprezzamento degli elementi probatori, dimostri l'infondatezza delle argomentazioni poste a fondamento della pronuncia assolutoria e l'unicità logica della soluzione accusatoria, senza che residuino ragionevoli dubbi sulla colpevolezza dell'imputato.