Cassazione penale Sez. V sentenza n. 8118 del 23 febbraio 2023

ECLI:IT:CASS:2023:8118PEN

Massima

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Il vincolo associativo che caratterizza il reato di associazione per delinquere si configura quando sussistono tre elementi fondamentali: un vincolo associativo tendenzialmente permanente o comunque stabile, destinato a durare anche oltre la realizzazione dei delitti concretamente programmati; un programma criminoso tendenzialmente indeterminato, che distingue il reato associativo dall'accordo che sorregge il concorso di persone nel reato; una struttura organizzativa, sia pur minima, ma comunque idonea e soprattutto adeguata a realizzare gli obiettivi criminosi presi di mira. La condotta di partecipazione al reato associativo è a forma libera e consiste nel contributo, apprezzabile e concreto sul piano causale, all'esistenza e al rafforzamento dell'associazione, anche se l'attività sia di secondaria importanza o sia esplicata durante una fase temporalmente limitata della vita dell'associazione. Ai fini della dimostrazione della appartenenza al sodalizio criminale, l'attività delittuosa conforme al piano associativo costituisce un elemento indiziante di grande rilevanza, quando attraverso le modalità esecutive e altri elementi di prova possa risalirsi all'esistenza del vincolo associativo e quando la pluralità delle condotte dimostri la continuità, la frequenza e l'intensità dei rapporti con gli altri associati. Il difetto di motivazione, quale status patologico posto a presidio del devolutum e rilevante a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), si prospetta quando le argomentazioni addotte dal giudice a fondamento dell'affermazione di responsabilità dell'imputato siano prive di completezza in relazione a specifiche doglianze formulate con i motivi di appello, che abbiano "potenziale capacità dimostrativa della insussistenza delle contestazioni" e siano decisive nel complessivo impianto argomentativo sotteso alla decisione. L'omesso esame di un motivo di appello non dà luogo a un difetto di motivazione rilevante a norma dell'art. 606 c.p.p. se, pur in mancanza di espressa disamina, il motivo proposto possa considerarsi implicitamente disatteso perché incompatibile con la struttura e con l'impianto della motivazione, nonché con le premesse essenziali, logiche e giuridiche che compendiano la ratio decidendi della sentenza. L'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità. In sede di legittimità, è possibile prospettare un'interpretazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza di travisamento della prova, ossia nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva ed incontestabile.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZAZA Carlo - Presidente

Dott. DE GREGORIO Eduardo - Consigliere

Dott. MICCOLI Grazia - Consigliere

Dott. PISTORELLI Luca - Consigliere

Dott. CUOCO Michele - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nata in (OMISSIS);
(OMISSIS), nata in (OMISSIS);
(OMISSIS), nata in (OMISSIS);
(OMISSIS), nata in (OMISSIS);
(OMISSIS), nata in (OMISSIS);
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
(OMISSIS), nata in (OMISSIS);
(OMISSIS), nata in (OMISSIS);
(OMISSIS), nata in (OMISSIS);
(OMISSIS), nata in (OMISSIS);
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. MICHELE CUOCO;
udito il Pubblico Ministero, …

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