Il reato di frode nelle pubbliche forniture di cui all'art. 356 c.p. richiede, oltre all'elemento oggettivo dell'inadempimento contrattuale, la prova della malafede contrattuale dell'agente, consistente nella consapevole violazione di un preciso obbligo dichiarativo e nell'aver posto in essere un espediente malizioso o ingannevole idoneo a far apparire l'esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti. Pertanto, non è sufficiente il mero inadempimento doloso del contratto, essendo necessario accertare la sussistenza di una condotta qualificabile in termini di frode, anche attraverso elementi indiziari convergenti, come la consapevolezza di non disporre del materiale richiesto e il mancato assolvimento dell'obbligo di dichiarare l'equivalenza del materiale effettivamente utilizzato. Inoltre, il dolo del reato può essere integrato anche dal semplice silenzio dell'appaltatore sui vizi occulti del bene consegnato, senza che sia necessaria un'esplicita dichiarazione di assenza di vizi o il ricorso a veri e propri raggiri per occultarli. Infine, il tentativo del reato può essere configurato qualora il contratto venga annullato prima della completa esecuzione della fornitura.