Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una esposizione sommaria dei fatti di causa che garantisca alla Corte di Cassazione una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata. Tale requisito non risponde ad esigenze di mero formalismo, ma consente di comprendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato. Pertanto, l'omissione di elementi essenziali quali l'indicazione dei fatti costitutivi della domanda, la posizione adottata in primo grado dalle parti, le modalità di svolgimento del giudizio di primo grado, le ragioni della decisione di primo grado, i motivi di appello e le ragioni della sentenza impugnata, rende il ricorso inammissibile per difetto dell'esposizione sommaria dei fatti di causa. Inoltre, quando il ricorrente censuri la statuizione di ammissibilità e conseguente rigetto dell'eccezione di inammissibilità dell'appello ex art. 342 c.p.c., ha l'onere di individuare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e non sufficientemente specifico il gravame sottoposto a quel giudice, non potendosi limitare a rinviare all'atto di appello, ma dovendo riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità. Infine, la proposizione di un ricorso per cassazione in palese violazione dell'art. 366 c.p.c., tale da concretare un errore grossolano nella redazione dell'atto, giustifica la condanna della parte al risarcimento dei danni per responsabilità processuale aggravata ai sensi dell'art. 96, comma 3, c.p.c.