Cassazione penale Sez. V sentenza n. 33219 del 8 settembre 2021

ECLI:IT:CASS:2021:33219PEN

Massima

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Il reato di diffamazione commesso attraverso la pubblicazione di contenuti lesivi della reputazione altrui su una piattaforma di messaggistica istantanea, come WhatsApp, è configurabile anche qualora non sia provato che i messaggi fossero effettivamente visibili a tutti i contatti dell'imputato, essendo sufficiente che essi fossero rivolti alla persona offesa. Il giudice di merito, nel motivare il diniego delle circostanze attenuanti generiche, non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, essendo sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione. La concessione della sospensione condizionale della pena, ove ritenuta sussistente, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, la cui decisione è incensurabile in sede di legittimità salvo vizi di manifesta illogicità o irragionevolezza.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SABEONE Gerardo - Presidente

Dott. GUARDIANO Alfredo - Consigliere

Dott. BELMONTE Maria Teresa - Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe - rel. Consigliere

Dott. FRANCOLINI Giovanni - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 02/10/2019 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. GIUSEPPE DE MARZO;
lette le conclusioni del Procuratore generale, Dott. Giovanni Di Leo, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilita' del ricorso.
Lette le conclusioni della parte civile.
RITENUTO IN FATTO
1. Nell'interesse di (OMISSIS) viene proposto ricor…

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