Cassazione penale Sez. V sentenza n. 28480 del 2 luglio 2013

ECLI:IT:CASS:2013:28480PEN

Massima

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Il reato di minaccia si configura quando le parole o i comportamenti dell'agente, valutati secondo un criterio di medianità che riecheggia le reazioni della donna e dell'uomo comune, siano idonei a incutere timore nel destinatario e a incidere sulla sua libertà morale, a prescindere dall'effettiva lesione del bene tutelato. Pertanto, ai fini dell'integrazione del reato di minaccia di cui all'art. 612 c.p., non è necessario che il male prospettato si realizzi concretamente, essendo sufficiente che le espressioni utilizzate, come "ti ammazzo", siano potenzialmente in grado di menomarne la sfera di libertà, secondo un criterio di normalità e di media reattività psicologica. La rilevanza penale della minaccia è determinata dalla sua idoneità a incutere timore e a condizionare la libertà di autodeterminazione della vittima, a prescindere dall'effettiva verificazione dell'evento temuto.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZECCA Gaetanino - Presidente

Dott. BEVERE Anton - rel. Consigliere

Dott. DE BERARDINIS Silvana - Consigliere

Dott. VESSICHELLI Maria - Consigliere

Dott. SETTEMBRE Antonio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 2162/2009 CORTE APPELLO di CATANZARO, del 07/02/2012;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/01/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO BEVERE;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Cesqui Elisabetta che ha concluso per l'inammissibilita';

Udito il difensore Avv. (OMISSIS).

FATTO E DIRITTO

Con sentenza 7.2.2012, la …

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