Il medico dipendente pubblico che, mediante la presentazione di certificazioni mediche attestanti falsamente uno stato di malattia, si procura l'ingiusto profitto di assenze dal lavoro retribuite, commette il delitto di truffa aggravata. La falsità delle certificazioni è dimostrata dalla prova documentale della contemporanea presenza del medico in altro luogo per l'esercizio di altra attività lavorativa retribuita, come attestato da atti pubblici aventi forza probatoria privilegiata fino a querela di falso. L'elemento univocamente significante è la coincidenza tra le assenze dal luogo di lavoro e l'attestazione della presenza del medico in altro contesto lavorativo, circostanza che integra gli estremi della condotta fraudolenta e dell'ingiusto profitto, configurando il reato di truffa aggravata. La motivazione della sentenza di condanna, che valorizza la forza probatoria degli atti pubblici e la coerenza logica degli elementi di prova, è immune da vizi di illogicità o carenza argomentativa.