Il provvedimento di diniego del permesso di soggiorno, fondato su un parere negativo della Questura circa l'inesistenza del rapporto di lavoro dichiarato, può essere legittimamente revocato in autotutela dall'Amministrazione competente qualora emerga successivamente che le parti non sono state deferite all'Autorità Giudiziaria per il reato di false assunzioni emersive, essendo venuto meno il presupposto di fatto che aveva determinato l'originario provvedimento di rigetto. In tal caso, il ricorso giurisdizionale avverso il diniego diviene improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, con condanna dell'Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio. Il principio di diritto che emerge dalla sentenza è che l'Amministrazione può legittimamente revocare in autotutela un provvedimento di diniego del permesso di soggiorno, qualora vengano meno i presupposti di fatto che avevano determinato l'originaria decisione negativa. Ciò comporta l'improcedibilità del ricorso giurisdizionale avverso il diniego, con conseguente condanna dell'Amministrazione alle spese di giudizio. La massima sottolinea l'importanza del potere di autotutela dell'Amministrazione, che le consente di rimuovere atti illegittimi o inopportuni, nonché l'effetto estintivo del giudizio per sopravvenuta carenza di interesse del ricorrente.