Il legislatore regionale, nell'esercizio delle proprie competenze in materia di governo del territorio, può legittimamente adottare una disciplina più restrittiva rispetto a quella statale in tema di condono edilizio, al fine di tutelare in modo più efficace i valori paesaggistici, ambientali, idrogeologici e archeologici, anche con riferimento ad opere abusive realizzate prima dell'apposizione del vincolo. Pertanto, l'art. 3, comma 1, lett. b) della legge regionale del Lazio n. 12/2004, nel prevedere l'inammissibilità al condono per le opere abusive comportanti un aumento di volume e superficie, anche se realizzate prima dell'imposizione del vincolo, non risulta in contrasto con l'art. 32, comma 26, del d.l. n. 269/2003, in quanto espressione di un legittimo bilanciamento tra l'interesse alla regolarizzazione edilizia e la salvaguardia di interessi pubblici di rilievo costituzionale. In tale contesto, il diniego di condono è legittimo anche in assenza del previo parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo, qualora l'opera abusiva rientri nelle tipologie non suscettibili di sanatoria ai sensi della normativa statale e regionale, non essendo necessario acquisire tale parere quando le valutazioni dell'amministrazione non potrebbero comunque incidere sulla decisione finale.