La pubblicità ingannevole realizzata da un'impresa, in violazione della normativa sulla concorrenza sleale, può integrare un comportamento anticoncorrenziale idoneo a pregiudicare il comportamento dei potenziali acquirenti e la posizione della società concorrente, qualora vi sia evidente difformità tra quanto prospettato nella pubblicità e quanto riscontrabile nella realtà. In tali casi, l'impresa responsabile può essere condannata al risarcimento del danno subito dalla società concorrente, quantificato in via equitativa, oltre all'ordine di pubblicazione della sentenza, in ragione della lesione dell'immagine e della perdita di clientela e fatturato patite dalla società danneggiata. Il giudice, nel valutare la sussistenza e l'entità del danno risarcibile, deve tenere conto delle dichiarazioni testimoniali rese nel giudizio, le quali possono provare la prosecuzione della diffusione del materiale pubblicitario ingannevole anche dopo il provvedimento inibitorio dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.