La mancata considerazione degli apporti partecipativi forniti dal privato nel procedimento amministrativo non integra di per sé un vizio di colpa della pubblica amministrazione, qualora l'interpretazione della norma di legge applicata, anche se poi ritenuta costituzionalmente illegittima, non fosse pacifica e univoca, ma richiedesse una delicata opera di bilanciamento tra i valori fondanti dell'ordinamento. In tali casi, la scelta interpretativa operata dalla pubblica amministrazione, ancorché successivamente smentita dalla pronuncia di incostituzionalità, non può essere considerata frutto di negligenza o imperizia, essendo piuttosto espressione di un legittimo esercizio del potere di interpretazione e applicazione della norma, che non impone all'amministrazione di recepire acriticamente l'interpretazione prospettata dal privato, specie quando questa non risulti essere l'unica soluzione ermeneutica possibile. Pertanto, in assenza di colpa grave o dolo della pubblica amministrazione, non sussistono i presupposti per il riconoscimento di una responsabilità risarcitoria nei confronti del privato, nonostante l'annullamento del provvedimento illegittimo.