Il dipendente pubblico che, nell'esercizio delle proprie funzioni, si renda responsabile di reati contro la pubblica amministrazione, come il reato di concussione, è tenuto a risarcire l'ente di appartenenza per i danni economici, morali e di immagine subiti, anche in assenza di una specifica prova dell'entità del danno, in quanto il giudice può procedere alla liquidazione equitativa del danno non patrimoniale ai sensi dell'art. 1226 c.c., tenendo conto della gravità e della reiterazione del comportamento illecito. Il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione è che il dipendente pubblico che abusa della propria posizione per commettere reati contro l'amministrazione di appartenenza è responsabile civilmente nei confronti dell'ente per tutti i danni, anche non patrimoniali, derivanti dalla sua condotta illecita, la cui quantificazione può essere effettuata in via equitativa dal giudice sulla base degli elementi emersi nel processo, senza la necessità di una puntuale dimostrazione dell'entità del pregiudizio subito dall'amministrazione.