Cassazione penale Sez. V sentenza n. 26609 del 2 luglio 2008

ECLI:IT:CASS:2008:26609PEN

Massima

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Il reato di diffamazione sussiste quando l'imputato, attraverso l'utilizzo di mezzi di comunicazione, anche stampa, abbia attribuito ad altri un fatto determinato, lesivo della loro reputazione, senza che tale fatto risulti provato nella sua veridicità. L'esimente dell'esercizio di un diritto o della difesa di un interesse protetto non può essere invocata dall'imputato qualora manchi la prova della veridicità del fatto diffamatorio, in quanto tale requisito è fondamentale per la configurabilità della scriminante. La costituzione di parte civile è ammissibile anche senza una dettagliata esposizione delle ragioni che giustificano la domanda, essendo sufficiente il mero riferimento al capo di imputazione, cui sia ragionevolmente collegata la prospettazione di un danno conseguente al reato, da quantificare in separata sede. L'applicazione dell'indulto, infine, può essere valutata nella sede dell'esecuzione della pena, ove ne sussistano i presupposti.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COLONNESE Andrea - Presidente

Dott. FERRUA Giuliana - Consigliere

Dott. SCALERA Vito - Consigliere

Dott. SANDRELLI Giangiacomo - Consigliere

Dott. PALLA Stefano - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) GO. GI., N. IL (OMESSO);

avverso SENTENZA del 06/02/2007 CORTE APPELLO di MILANO;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. SCALERA VITO;

Udito il Procuratore Generale, in persona del Sostituto Dott. Giovanni D'Angelo, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

OSSERVA

1.- Go. Gi., presidente dell'associ…

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