Il reato di lesioni personali commesso durante una competizione sportiva non può essere giustificato dalla scriminante dell'esercizio dell'attività sportiva quando l'azione violenta risulti sproporzionata rispetto alle concrete caratteristiche del gioco e alla sua natura, ovvero quando la finalità lesiva costituisca la prevalente spinta all'azione, anche in assenza di violazione delle regole dell'attività. In tali casi, infatti, non sussistono i presupposti di applicabilità della scriminante sportiva, in quanto l'evento lesivo non risulta collegato funzionalmente alla competizione e la condotta dell'agente non può essere ricondotta all'ordinaria dinamica del gioco, essendo piuttosto espressione di una dolosa aggressione fisica per ragioni estranee alla peculiare dinamica sportiva. Pertanto, il giudice è legittimato a ritenere la volontarietà delle lesioni e la conseguente responsabilità penale dell'imputato, anche qualora l'arbitro non abbia comminato alcuna sanzione disciplinare durante lo svolgimento della gara.