Il maltrattamento in famiglia, anche in presenza di figli minori, integra un reato abituale che si realizza attraverso una serie di condotte reiterate nel tempo, caratterizzate da violenza fisica e psicologica, tali da cagionare sofferenza e umiliazione alla vittima, compromettendone gravemente l'integrità fisica e morale. La prova di tale reato può essere desunta dalle dichiarazioni della persona offesa, purché attendibili e corroborate da riscontri esterni, come le certificazioni mediche e le testimonianze di familiari e terzi, nonché dalle registrazioni audio-video che documentino gli episodi di violenza. L'aggravante della presenza di figli minori durante la commissione del reato di maltrattamenti rileva in quanto la condotta dell'agente, oltre a ledere la vittima diretta, compromette gravemente anche il sereno sviluppo psico-fisico dei minori, esponendoli a un contesto familiare patologico e violento. Analogamente, l'aggravante del rapporto coniugale tra vittima e autore del reato di lesioni personali aggrava la condotta in ragione del vincolo di fiducia e di affetto che dovrebbe caratterizzare tale relazione, la cui violazione lede in modo particolare l'integrità psico-fisica della persona offesa. In tali ipotesi, la motivazione della sentenza di condanna deve dare conto in modo esaustivo e logico della valutazione delle prove a carico dell'imputato, senza che sia necessaria la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in appello, salvo che non emergano lacune o manifeste illogicità nell'apparato argomentativo.