Il pubblico ministero può appellare contro le sentenze di proscioglimento, anche in assenza di nuove prove decisive, in quanto la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma che escludeva tale facoltà, salvo i casi previsti dall'articolo 603 comma 2 c.p.p. Pertanto, il giudice di appello è tenuto a riesaminare nel merito la sentenza di assoluzione, valutando la correttezza dell'interpretazione e applicazione della legge penale da parte del giudice di primo grado, nonché la congruità e logicità della motivazione, al fine di verificare se il fatto contestato sussista, se l'imputato ne sia responsabile e se ricorrano le condizioni per il proscioglimento. Il diritto di impugnazione del pubblico ministero, quale parte pubblica titolare dell'azione penale, rappresenta una garanzia del corretto esercizio della giurisdizione e della tutela degli interessi della collettività, in linea con i principi costituzionali di obbligatorietà dell'azione penale e di soggezione del giudice soltanto alla legge. Pertanto, il giudice di appello, nel riesaminare la sentenza assolutoria, deve valutare attentamente tutti gli elementi di fatto e di diritto, senza essere vincolato dalla decisione di primo grado, al fine di accertare la responsabilità penale dell'imputato e, ove ne ricorrano i presupposti, di pronunciare una sentenza di condanna.