Il giudice di appello, nel riformare la sentenza di primo grado in accoglimento di un motivo di gravame proposto dal solo imputato, è tenuto a rideterminare la pena complessivamente inflitta in misura corrispondentemente diminuita, in applicazione del principio del divieto di reformatio in peius sancito dall'art. 597, comma 4, c.p.p. Ciò in quanto l'eliminazione di una o più circostanze aggravanti contestate comporta necessariamente una riduzione del disvalore del fatto e, di riflesso, della pena base, la quale deve essere conseguentemente ricalcolata e ridotta. Il principio del divieto di reformatio in peius investe non solo il risultato quantitativo finale della pena, ma anche tutti gli elementi che concorrono a formare il relativo computo, quali la pena base e i criteri di determinazione della stessa. Pertanto, il giudice di appello che, in accoglimento di un motivo di gravame del solo imputato, escluda una circostanza aggravante, non può mantenere invariata la pena inflitta in primo grado, ma deve procedere a una sua corrispondente diminuzione, in ossequio al principio di cui all'art. 597, comma 4, c.p.p.