Il conflitto di interessi dell'amministratore di società, che cede l'intero patrimonio sociale a prezzo esiguo e a condizioni sfavorevoli per la società rappresentata, al fine di favorire un proprio sodale in affari, determina l'annullamento dei relativi contratti di compravendita. L'amministratore, infatti, nell'esercizio dei poteri gestori, è tenuto a perseguire esclusivamente l'interesse sociale, senza anteporre il proprio interesse personale o di terzi. Pertanto, l'atto di disposizione del patrimonio sociale compiuto in conflitto di interessi, eccedendo i limiti dei poteri conferiti dallo statuto, è da considerarsi estraneo all'oggetto sociale e non rientrante nell'ordinaria amministrazione, con la conseguente legittimazione della società rappresentata ad agire in giudizio per l'annullamento dell'operazione. La consapevolezza del conflitto di interessi da parte dell'acquirente, che si presta a completare l'operazione illecita, determina altresì la sua mala fede, con l'obbligo di restituzione del bene acquistato. La massima tutela dell'interesse sociale, quale principio cardine del diritto societario, impone di sanzionare con l'annullamento gli atti gestori compiuti dall'amministratore in conflitto di interessi, al fine di preservare l'integrità del patrimonio sociale e la corretta gestione dell'impresa nell'esclusivo interesse della società.