Il Tribunale Amministrativo Regionale, nell'esaminare il ricorso avverso l'autorizzazione comunale per la realizzazione di una tettoia di copertura davanti all'entrata di un'abitazione privata, ha affermato il seguente principio di diritto: L'autorizzazione comunale per la realizzazione di una modesta tettoia sporgente sulla pubblica via, priva di volumetria e conforme agli strumenti urbanistici, non lede alcun interesse pubblico, né contrasta con le norme che tutelano la proprietà pubblica, quando sia accertato che la stessa non interferisce con la circolazione stradale. In tali casi, il ricorso proposto dai vicini di casa, privo di un concreto interesse giuridico tutelabile, risulta manifestamente infondato e deve essere rigettato, con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio e di una somma aggiuntiva ai sensi dell'art. 26, comma 2, del Codice del processo amministrativo, in quanto la decisione è fondata su ragioni palesi. Il principio affermato dalla sentenza è che l'autorizzazione comunale per la realizzazione di una modesta tettoia sporgente sulla pubblica via, priva di volumetria e conforme agli strumenti urbanistici, non lede alcun interesse pubblico né contrasta con le norme sulla proprietà pubblica, quando sia accertato che la stessa non interferisce con la circolazione stradale. In tali casi, il ricorso proposto dai vicini di casa, privo di un concreto interesse giuridico tutelabile, risulta manifestamente infondato e deve essere rigettato, con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio e di una somma aggiuntiva ai sensi dell'art. 26, comma 2, del Codice del processo amministrativo, in quanto la decisione è fondata su ragioni palesi. La massima sottolinea come l'autorizzazione comunale per una modesta edificazione sporgente sulla pubblica via, priva di volumetria e conforme agli strumenti urbanistici, non leda alcun interesse pubblico quando non interferisca con la circolazione stradale. In tali casi, il ricorso dei vicini, privo di un concreto interesse giuridico tutelabile, è manifestamente infondato e deve essere rigettato, con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese e di una somma aggiuntiva ai sensi dell'art. 26, comma 2, c.p.a., in quanto la decisione è fondata su ragioni palesi.