Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Nell'ambito di una procedura di gara pubblica, il dirigente competente della stazione appaltante, nell'esercizio dei poteri di autotutela di cui all'art. 21-nonies della legge n. 241/1990, può annullare in via di autotutela l'aggiudicazione definitiva precedentemente disposta, qualora nel corso della verifica propedeutica alla stipula del contratto riscontri la sussistenza di criticità e vizi oggettivi nell'offerta tecnica dell'aggiudicatario, tali da non consentire l'approvazione della proposta di aggiudicazione e la stipula del contratto d'appalto. In tali ipotesi, il dirigente non è tenuto a rimettere nuovamente gli atti alla commissione di gara, trattandosi di vizi e carenze oggettive che non necessitano di valutazioni tecnico-discrezionali, potendo egli stesso procedere all'annullamento dell'aggiudicazione. Tuttavia, qualora il dirigente ritenga opportuno un ulteriore approfondimento istruttorio da parte della commissione di gara su aspetti tecnici controversi e opinabili dell'offerta, è legittimo il suo provvedimento di rimessione degli atti alla commissione medesima, ai sensi dell'art. 77, comma 11, del d.lgs. n. 50/2016, senza che ciò comporti un'indebita invasione di competenze. La successiva conferma da parte della commissione delle proprie precedenti valutazioni, cristallizzate nell'aggiudicazione definitiva, determina la reviviscenza di quest'ultima, che diviene intangibile e definitiva.