Il giudice di prevenzione, nel valutare la pericolosità sociale di un soggetto ai fini dell'applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali, deve preliminarmente inquadrare il proposto in una delle categorie criminologiche tipizzate dal codice antimafia, accertando la sussistenza dei relativi presupposti. Ove il giudicato penale definitivo escluda l'esistenza dell'associazione mafiosa contestata, il giudice non può più qualificare la pericolosità del proposto come "specifica" ai sensi dell'art. 4, comma 1, lett. a) del codice antimafia, dovendo limitarsi a valutarne la pericolosità in termini "generici" sulla base delle condotte criminose accertate. Ciò non preclude tuttavia l'applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale, qualora sussista la pericolosità generica del proposto, desumibile dalle sue pregresse condotte delittuose produttive di profitto, anche in assenza della connotazione mafiosa dell'associazione di appartenenza. Il giudizio di prevenzione, infatti, ha un autonomo registro probatorio rispetto al processo penale, essendo sufficiente, ai fini dell'applicazione delle misure, un giudizio di pericolosità fondato su elementi sintomatici, anche in assenza della piena responsabilità penale. Pertanto, la confisca di prevenzione può essere disposta anche in caso di pericolosità generica, purché sia dimostrato il nesso tra il patrimonio del proposto e le sue attività illecite, senza che sia necessario l'accertamento della natura mafiosa dell'associazione di appartenenza.