Cassazione penale Sez. V sentenza n. 11590 del 25 marzo 2010

ECLI:IT:CASS:2010:11590PEN

Massima

Massima ufficiale
La circostanza aggravante della "finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso è integrato quando - anche in base alla Convenzione di New York del 7 marzo 1966, resa esecutiva in Italia con la legge n. 654 del 1975 - l'azione si manifesti come consapevole esteriorizzazione, immediatamente percepibile, nel contesto in cui è maturata, avuto anche riguardo al comune sentire, di un sentimento di avversione o di discriminazione fondato sulla razza, l'origine etnica o il colore e cioè di un sentimento immediatamente percepibile come connaturato alla esclusione di condizioni di parità. (In applicazione del principio di cui in massima, la S.C. ha ritenuto corretta l'esclusione dell'aggravante nei confronti dell'imputato - il quale aveva proferito l'espressione 'italiano di m ..." - affermando che il riferimento all'italiano, nel comune sentire, non possa essere correlato ad una situazione di inferiorità suscettibile di essere discriminata e dare, quindi, luogo ad un pregiudizio corrente di inferiorità, bensì riguardi la persona singola verso la quale si abbia disistima).

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CALABRESE Renato Luigi - Presidente

Dott. CARROZZA Arturo - rel. Consigliere

Dott. AMATO Alfonso - Consigliere

Dott. SANDRELLI Gian Giacomo - Consigliere

Dott. VESSICHELLI Maria - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI TRIESTE, nei confronti di:

1) SI. ON. N. IL (OMESSO);

avverso la sentenza n. 252/2008 GIUDICE DI PACE di PORDENONE, del 10/12/2008;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/01/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARROZZA Arturo;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FEBBRARO Giuseppe che conclude …

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