Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La partecipazione consapevole e organica di un soggetto a un'associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, anche se limitata alla realizzazione di un singolo reato-fine, è sufficiente a integrare il reato di cui all'art. 74 del D.P.R. n. 309/1990, in presenza di gravi indizi di colpevolezza desumibili da un complesso di elementi probatori, quali: i) il ruolo di fiduciario e intermediario svolto dal soggetto nell'ambito dell'associazione, con compiti di reperimento dei finanziamenti necessari per l'acquisto e l'importazione della droga; ii) i frequenti contatti e il rapporto di stabile inserimento del soggetto nella struttura criminale, con esponenti di vertice dell'associazione; iii) la vicinanza o l'appartenenza del soggetto a note famiglie della 'ndrangheta calabrese, operanti nel narcotraffico internazionale, che conferma l'aggravante di cui all'art. 7 del D.L. n. 152/1991. In tali casi, in assenza di elementi che dimostrino l'insussistenza delle esigenze cautelari, opera la presunzione di pericolosità di cui all'art. 275, comma 3, c.p.p., che giustifica l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere.