Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Il giudice di legittimità, nell'esercizio del controllo sulla motivazione della sentenza impugnata, non può sostituire la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito, salvo i casi di manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione. Il ricorso per cassazione non può essere utilizzato per ottenere una nuova e diversa ricostruzione dei fatti, in quanto la Corte di Cassazione è giudice della motivazione, non del merito della decisione. Pertanto, le censure che si risolvono in una mera critica alla valutazione delle prove effettuata dai giudici di merito, senza denunciare specifici vizi della motivazione, sono inammissibili. La "doppia conforme" rafforza tale principio, in quanto postula che il vizio di motivazione deducibile in sede di legittimità è soltanto quello che discende dalla pretermissione dell'esame di temi probatori decisivi, ritualmente indicati come motivi di appello e trascurati in quella sede, o dal loro manifesto travisamento in entrambi i gradi di giudizio. Al di fuori di tali ipotesi, resta precluso il rilievo del vizio di motivazione secondo la nuova espressione dell'art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p.