Cassazione penale Sez. II sentenza n. 43587 del 14 ottobre 2016

ECLI:IT:CASS:2016:43587PEN

Massima

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Il tentativo di estorsione, caratterizzato da minacce gravi e sproporzionate rispetto alla pretesa di far valere un diritto, integra il delitto di tentata estorsione e non il meno grave reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, anche quando la minaccia sia rivolta a soggetti estranei al rapporto obbligatorio asseritamente intercorrente tra l'agente e la vittima. Ciò in quanto, in tali casi, la condotta minacciosa non mira soltanto a far valere una pretesa, ma è finalizzata a conseguire un profitto ingiusto, configurando gli estremi dell'estorsione. Pertanto, la gravità e la sistematica pervicacia della minaccia, che vanno oltre il ragionevole intento di far valere un diritto, sono elementi decisivi per qualificare la condotta come tentata estorsione, anziché come esercizio arbitrario delle proprie ragioni, a prescindere dalla natura del rapporto tra l'agente e la vittima diretta della minaccia.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GALLO Domenico - Presidente

Dott. PELLEGRINO Andrea - Consigliere

Dott. PARDO Ignazio - Consigliere

Dott. AIELLI Lucia - est. Consigliere

Dott. SGADARI Giuseppe - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
nella causa penale promossa da:
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 4653/14 della Corte d'Appello di Palermo del 19/11/2014;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Aielli Lucia;
udite le conclusioni del Sostituto procuratore generale Dott. Cardia Delia che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 19.11.2014 la Corte d'Appello di Palermo confermava la sentenza di condanna del GUP del Tribunale di P…

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