Il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina realizzato attraverso un'associazione criminale organizzata, operante in diverse città italiane e in altri Stati, che predisponeva dettagliati "programmi" per aiutare, previo pagamento di somme di denaro, cittadini extracomunitari, principalmente di nazionalità somala, a raggiungere paesi europei, prevalentemente del nord Europa, nei quali chiedere asilo politico, fornendo loro falsi documenti di identità, titoli di viaggio, appoggi logistici e assistenza per il viaggio, costituisce un reato plurisoggettivo e permanente, la cui realizzazione di parte delle condotte in territorio italiano è sufficiente a radicare la giurisdizione italiana, ai sensi dell'art. 7, n. 5, c.p. in relazione all'art. 15, comma 2, lett. c), della Convenzione ONU contro la criminalità organizzata transnazionale, sottoscritta a Palermo il 12/12/2000 e ratificata con la L. n. 146 del 2006, anche quando il delitto sia stato commesso in parte all'estero, in quanto finalizzato a commettere un grave reato sul territorio nazionale. Le circostanze attenuanti generiche, pur concorrenti con le aggravanti di cui all'art. 12, commi 3-bis e 3-ter, del D.Lgs. n. 286 del 1998, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste, in applicazione del divieto di cui al comma 3-quater del medesimo articolo. La determinazione della misura della pena, nel rispetto dei limiti edittali, rientra nell'ampio potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio non è sindacabile in sede di legittimità se non in caso di manifesta illogicità o arbitrarietà.